I microjardin sono orti fuori terra realizzati a cultura idroponica o con l'utilizzo di substrati minerali che sostituiscono la presenza di terra fertile; in entrambi i casi si costruiscono dei contenitori con materiali riciclati all'interno dei quali vengono realizzati questi orti trasportabili. Il metodo della coltivazione senza terra, oltre a ovviare il problema della fertilizzazione della sabbia, che in questa parte del mondo è a tutt'oggi un problema irrisolto, permette di non violare il terreno sacro adibito alla sepoltura dei defunti e di creare delle strutture facilmente rimovibili, che si prestano ad essere mosse in caso di spostamento degli abitanti dall'area.
Ogni orto è indicativamente composto da una decina di cassette, che compongono all'incirca 5 metri quadrati di orti per famiglia, considerato uno standard di sostegno alimentare minimo in questa parte del mondo, dove la coltura degli ortaggi può avvenire durante tutto l'anno, non essendoci piogge periodiche.
In ogni cassetta vengono coltivati ortaggi diversi, scelti dagli abitanti stessi a seconda delle loro abitudini alimentari e rispetto alle possibilità applicative dei microjardin, che non prevedono ortaggi dalle radici lunghe e verticali. Attraverso questa tecnica, ogni famiglia, oltre che provvedere alla propria sussistenza, può migliorare la propria qualità di vita attraverso un reddito complementare, vendendo i prodotti.
All'interno degli hosh (prevalentemente tipologie di case a patio), gli spazi per gli orti sono stati organizzati nei cortili funebri o pati esterni. Un team di architetti e designer guida le famiglie beneficiare nell'individuazione del luogo più consono per posizionare i microjardin, a seconda delle disponibilità spaziali di ognuno, delle abitudini familiari, e dell'orientamento del sole.
Dopo una prima fase di conoscenza reciproca, i formatori costruiscono insieme alle famiglie i contenitori, insegnandogli la tecnica. La formazione relativa alla tecnica di coltivazione viene distribuita su 10 giornate. Successivamente viene avviata una produzione di compost ricavato dai residui organici, che dopo qualche mese può riuscire a sostituire o integrare l'utilizzo delle soluzioni vitaminiche e del sub-strato minerale, abbassando i costi del progetto.
All'interno degli hosh (prevalentemente tipologie di case a patio), gli spazi per gli orti sono stati organizzati nei cortili funebri o pati esterni. Un team di architetti e designer guida le famiglie beneficiare nell'individuazione del luogo più consono per posizionare i microjardin, a seconda delle disponibilità spaziali di ognuno, delle abitudini familiari, e dell'orientamento del sole. Dopo una prima fase di conoscenza reciproca, i formatori costruiscono insieme alle famiglie i contenitori, insegnandogli la tecnica, ed allestendo lo spazio adibito al microjardin in ogni hosh. La formazione relativa alla tecnica di coltivazione viene distribuita su 10 giornate, ogni giorno viene fatta una verifica sul campo di ciò che è stato compreso dalle famiglie.
Durante la formazione vengono introdotte in modo semplice e chiaro le tematiche più importanti per il progetto: il ruolo del semenzaio (fase che corrisponde alla collocazione delle differenti sementi nei microjardin); le modalità di utilizzo delle soluzioni vitaminiche; le possibilità applicative delle differenti delle cassette (idroponiche o con sub-strato); le istruzioni per la cura e la crescita delle differenti specie. La formazione avviene "porta a porta", ossia per singole famiglie e all'interno delle abitazioni dei beneficiari, dove i formatori instaurano una relazione intima volta a rafforzare l'adesione degli abitanti al progetto. Successivamente viene avviata una produzione di compost ricavato dai residui organici, che dopo qualche mese può riuscire a sostituire o integrare l'utilizzo delle soluzioni vitaminiche e del sub-strato minerale, abbassando ulteriormente i costi del progetto e rendendo il prodotto più sicuro dal punto di vista biologico. Con il tempo si auspica un utilizzo comunitario dei microjardin, attraverso la possibilità di barattare i prodotti coltivati dalle singole famiglie e la messa in comune dei materiali utilizzati per avviare le coltivazioni.
Vantaggi tecnici dell'applicazione:
1 Mancato utilizzo del suolo sacro negli hosh – rispetto delle tombe presenti
2 Superamento ostacolo ambientale: il suolo di sabbia non può essere coltivato a orto perchè eccessivamente drenante.
3 Forte risparmio di acqua ( - 20% rispetto all'agricoltura tradizionale)
4 Possibilità di avviare coltivazioni in tutte le stagioni per la situazione climatica favorevole e costante del Cairo
5 Flessibilità spaziale (possibilità di trasportare o rimuovere i contenitori dei microjardin)
6 Possibilità di integrare o sostituire l'utilizzo delle soluzioni con il compost abbassando ulteriormente i costi di produzione
7 Utilizzo di materiali reciclati per costruire i contenitori, che consente di avviare una micro-economia di scambio tra quartieri informali
CREDITI
Coordinamento scientifico: Dott. Agronomo Antonio Ferrante (Prof. Ricercatore di Orticultura e floricultura Dipartimento di scienze agrarie e ambientali - Università degli Studi di Milano); Prof. Salvatore Ciappellano (Prof. Associato Alimentazione e nutrizione Dipartimento di scienze agrarie e ambientali - Università degli Studi di Milano), in collaborazione con Prof.ssa Claudia Sorlini (Delegata Area Cooperazione Università degli Studi di Milano - Facoltà di Agraria) e con Mohammed Emam Ragab (Prof. di Orticultura e direttore del dipartimento di ricerca Tecniche non tradizionali di orticultura - Facoltà di Agraria Ain Shams University - Cairo)
Direttori generali del progetto: Elisabetta Bianchessi - Gaetano Berni - Silvia Orazi
Formatori agronomi: Carmen Manocchia - Andrea Giro - Tommaso Sposito
Formatori architetti: Carmen Zuleta, Tommaso Sposito; Amanda Marquez; Paola Serritu
Coollaboratori: Maria Luisa Daglia